Nasce il Patto di Assisi per cambiare l’economia del mondo

Il messaggio del Papa ai giovani del meeting internazionale “Economia di Francesco”, Il Papa chiede una vera e propria rivoluzione pacifica.  Superare la cultura dello scarto per quella dell’incontro. “Non siamo condannati al profitto e allo scarto, o saprete coinvolgervi o la storia vi passa sopra”

Un nuovo Patto per l’economia contro le diseguaglianze e la cultura dello scarto, per  uno  sviluppo  equo e sostenibile, una vera e propria rivoluzione mondiale, pacifica ma  ostinata, per  cambiare lo stato  del Pianeta  e insieme  le condizioni di miliardi di uomini e donne. E’ una sfida mondiale ed è un messaggio rivolto ai giovani, protagonisti degli anni a venire. Con il messaggio di papa Francesco ai giovani collegati da ben 115 Paesi del mondo con Assisi per il meeting che porta il suo nome, “Economia di Francesco”, nasce formalmente un movimento già partito nove mesi fa.

«Non è un punto di arrivo», spiega infatti il Pontefice nel videomessaggio che conclude i lavori della tre giorni, «ma la spinta nuova di un processo già iniziato in cui siamo chiamati a vivere come vocazione, cultura e come adesione a un patto». Poiché nelle attuali condizioni «non possiamo andare avanti in questo modo. Urge una nuova narrazione economica».

Sono i temi delle encicliche sociali Laudato si’ e della recentissima Fratelli tutti. Ma è come se questi documenti avessero trovato i loro interpreti: i giovani. L’attuale sistema mondiale, sottolinea Francesco, «è insostenibile, colpisce nostra sorella Terra e gli esclusi: le due cose vanno insieme. I poveri sono i primi danneggiati e i primi esclusi». Francesco chiede a chi ha la vita davanti a sé di farsi classe dirigente e di cambiare le cose nel contesto in cui sono chiamati a operare, a dare un senso alle loro vite e alle attività di studenti, imprenditori, economisti, lavoratori, artigiani, ovunque essi siano: «O siete coinvolti o la storia vi passa sopra». La gravità della situazione legata al  Covid ha accentuato l’urgenza di intervenire al più presto. Poiché, spiega Francesco, il rischio è che dopo la fine della pandemia i problemi si ingigantiscano ancora di più: «Dobbiamo cam-biare subito». La parola d’ordine è agire, «av-viare processi, creare risorse, cambiare gli stili di vita e soprattutto i modelli di produzione e di consumo. Senza fare questo non farete nulla». Il Papa parla dei giorni drammatici del Covid, il messaggio raggiunge le menti e i cuori di tutti – che ha il suo centro ad Assisi  – creato da duemila ragazzi che hanno dato vita a un vero e proprio happening digitale – video conferenze in webinar, musica, esibizioni di gruppi musicali, interviste pubbliche, conferenze, persino giochi –  una cosa mai vista, una sorta di Gmg globale via Internet.

     Papa Francesco in Laudato si’  chiama i giovani a una responsabilità forte, li invita a “sporcarsi le mani”, a rischiare tutto sè stessi, a mettersi in gioco anche nella politica. Non è una rivoluzione ideologica o “popolare”, come quelle che hanno attraversato il Novecento, ma evangelica, pacifica, un cambiamento che esige presa di coscienza e senso di responsabilità. Un movimento che arriva a mettersi al servizio di ruoli decisionali: «Abbiamo bisogno di classi dirigenti, per sfidare la sottomissione a certe logiche ideologiche che finiscono per sottomettere ogni azione a forme di ingiustizia». Dice Benedetto XVI, «la fame non dipende da scarsità materiali, ma da scarsità sociale, la più importante delle quali è di natura istituzionale». In questa rivoluzione, fa capire papa Francesco implicitamente, c’è anche un nuovo modo di far politica, al servizio del bene comune.

Quella di Francesco è una rivoluzione integrale, strutturale, non può accontentarsi di piccole donazioni ad opera delle associazioni filantropiche per essere in pace con la coscienza come vogliono i modelli di capitalismo. Non basta chinarsi sui poveri dopo aver creato le condizioni perché rimangano tali, ai lati del benessere. E’ troppo poco. La guerra alla cultura dello scarto «che obbliga a vivere nel proprio scarto, invisibili, al di là del muro dell’indifferenza» dice Papa  Francesco. Occorre «osare modelli in cui le persone, gli esclusi, cessino di essere una presenza normale o funzionale e diventino protagonisti dell’intero tessuto sociale». Ed è come se la dottrina sociale espressa dal magistero di Francesco avesse trovato le proprie gambe per correre nelle strade del mondo, i «nuovi samaritani», come li chiama il Papa, chiamati a portare avanti la «cultura dell’incontro che è l’opposto della cultura dello scarto», a creare una nuova economia, un’economia profetica ma quanto mai pratica e necessaria, «capace di far germogliare i sogni».                                          

Orazio D’Antoni

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