Informazione sanitaria

Come difendersi dal ‘batterio delle conserve’, il botulino potente veleno

5aSi nasconde in quanto ci sia di più innocuo all’apparenza, come le conserve della mamma: dai carciofini e le melanzane sottolio alle olive in salamoia. E’ il botulino, il veleno naturale più potente per l’uomo. Può essere letale già in piccolissime dosi, anche se gli episodi di avvelenamento, fortunatamente sono rari. “In Italia si registrano ogni anno mediamente 20-30 casi, 5 dei quali mortali”. A sottolinearlo sono le “Linee Guida per la corretta preparazione delle conserve alimentari in ambito domestico”, presenti sul portale del Ministero della Salute. Nel nostro Paese la prevalenza di intossicazione è più alta che altrove, perché abbiamo una radicata tradizione di conserve. Ma abbiamo anche la migliore capacità diagnostica. Dal 1995 vige la notifica obbligatoria presso il Centro di Riferimento per il Botulismo presso l’Istituto Superiore di Sanità (Iss), da cui arrivano i consigli per ‘l’arte della conservazione’. In primo luogo assicurare l’igiene personale e della cucina e ispezionare bene le materie prime: mai usare quelle ‘che stanno quasi per andare a male’. Quindi sanificare correttamente i contenitori: non basta lasciarli per un paio di minuti in acqua bollente, ne servono 5-10. Una volta aperti, vanno conservati in frigo e per poco tempo, variabile a seconda del preparato: da poche settimane per la salamoia a quasi 2 mesi in caso di sottaceti.
Meno a rischio sono le marmellate, per via dell’acidità della frutta e dello zucchero che costituiscono un terreno in cui è più difficile per il batterio proliferare. Intervenire urgentemente con siero antibotulinico può salvare la vita, perché l’intossicazione può causare arresto cardiaco e respiratorio. Per questo è importante riconoscere i sintomi, che si manifestano circa 12-48 ore dopo l’ingestione del cibo contaminato, con scarsa mobilità oculare, difficoltà a mettere a fuoco, spossatezza, bocca asciutta, nausea e diarrea. Il tutto in assenza di febbre.

 

Tosse e starnuti, alcuni batteri restano vivi per 45 minuti

5bAlcuni batteri si possono diffondere fino a quattro metri di distanza e restano vivi nell’aria fino a 45 minuti dopo essere stati emessi con la tosse o gli starnuti.

E’ quanto hanno scoperto i ricercatori della Queensland University of Technologies (Qut) e dall’University of Queensland. Un risultato destinato a condizionare la maniera in cui saranno progettati ospedali, scuole e uffici.
Negli esperimenti i partecipanti starnutivano o tossivano in una galleria lunga quattro metri, e venivano misurati i batteri espulsi. E’ risultato che i germi possono essere proiettati fino a quattro metri di distanza e che le quantità infettive dei batteri restano attive fino a 45 minuti, il che smentisce la teoria consolidata secondo cui un metro è una distanza sicura da una persona infetta. A motivare la ricerca è stata nel 2003 l’epidemia di Sars (sindrome acuta respiratoria grave) quando 300 persone furono infettate da una sola che aveva soggiornato per una singola notte in un albergo di Hong Kong. Gli studiosi guidati da Lidia Morawska, direttrice dell’International Laboratory for Air Quality and Health della Qut, hanno quindi mirato le indagini alla fisica dei batteri infettivi portati dall’aria. Si tratta di uno dei primi studi sulla longevità del batterio portato dall’aria pseudomonas aeruginosa, un germe resistente a molteplici farmaci, associato con infezioni contratte in ospedale, quando viene espulso da starnuti o tosse – scrive Morawska sul sito della Qut. “Una nostra precedente ricerca aveva mostrato che questi patogeni viaggiano fino a 4 metri quando sono espulsi con colpi di tosse nell’aria. Volevamo accertare come queste goccioline portatrici di batteri possano percorrere tali distanze e rimanere capaci di infettare altre persone dopo tanto tempo”, aggiunge. I risultati suggeri-scono che alcuni dei batteri pseudomonas aeruginosa rimangano vitali nel-l’ambiente abbastanza a lungo per creare un rischio di infezione portata dall’aria, specialmente in persone con problemi respiratori come la fibrosi cistica. L’ipotesi è che le goccioline siano prodotte in differenti parti del tratto respiratorio e trasportino ‘carichi’ differenti di batteri.

Nel rispetto del provvedimento emanato, in data 8 maggio 2014, dal garante per la protezione dei dati personali, si avvisano i lettori che questo sito si serve dei cookie per fornire servizi e per effettuare analisi statistiche completamente anonime. Pertanto proseguendo con la navigazione si presta il consenso all' uso dei cookie. Per un maggiore approfondimento clicca qui.

Nel rispetto del provvedimento emanato, in data 8 maggio 2014, dal garante per la protezione dei dati personali, si avvisano i lettori che questo sito si serve dei cookie per fornire servizi e per effettuare analisi statistiche completamente anonime. Pertanto proseguendo con la navigazione si presta il consenso all' uso dei cookie.

Chiudi